Anche per il poker le tradizioni sono più antiche dei documenti scritti e risulta difficile fornire dati certi sulle origini di questo gioco. Dove è nato il poker prima di prendere la sua forma definitiva in America?
Tra gli Stati europei che si contendono la “paternità” ci sono Italia, Francia e Germania. Alcuni sostengono che gli antenati del Texas Hold ‘em si debbano ricercare in Persia.
Molto probabilmente non sarà mai possibile fornire informazioni certe riguardo a un periodo nel quale la storia si fonde con la leggenda. Somiglia di più al cugino della mamma o al nonno del papà?
Quando nasce un bambino si fa spesso la gara delle somiglianze ma più si va lontano nell’albero genealogico più la domanda perde inevitabilmente senso.
Lo stesso si potrebbe dire per il poker: senza la pretesa di dare risposte univoche abbracciando questa o quella teoria, è però affascinante ripercorrere i primordi di questo gioco.
Lo zarro milanese
Qualcuno ravvisa appunto elementi in comune tra il poker e il gioco dello zarro, molto in auge nell’Italia rinascimentale: la proibizione di questo passatempo da parte di Francesco Sforza a Milano attraverso un editto (1531) non ne impedì la diffusione.
Il mazzo era composto da venti carte, ogni giocatore ne aveva a disposizione cinque e gli unici punti previsti erano la coppia, il tris e il colore.
La truffa nell’arte
Anche nel celebre quadro “I bari” Michelangelo Merisi detto il Caravaggio (1571-1610) raffigura due giovani che giocano allo zarro: uno di loro cerca di vincere barando con l’aiuto di un complice più anziano che assiste alla partita.
I due ragazzi stanno utilizzando un mazzo di carte liguri di seme francese. Il giovane disonesto tiene dietro la schiena un 7 di cuori e un 6 di fiori: intanto il complice spia le carte dell’avversario e mostra un tre con la mano, molto probabilmente per indicare che l’altro giocatore possiede un tris.
Cosa c’entrano i tamarri?
La stessa parola “zarro” è utilizzata (lo era probabilmente di più negli anni ’90), soprattutto nell’Italia settentrionale per definire un “giovane di bassa estrazione sociale e dai modi rozzi, che ostenta goffamente un modo di vestire appariscente e alla moda” (dizionario Gabrielli).
Insomma, una specie di tamarro. Chissà se i due significati del termine hanno qualcosa in comune nella loro origine etimologica. Oltre che in Italia, alcuni sostengono che il poker possa essere nato in Francia o in Germania (il termine poker in inglese significa attizzatoio).
Francia, Germania o Persia?
Dopo aver preso piede in Francia, il gioco del poque è stato esportato negli Stati Uniti: lì si sarebbe poi diffuso nell’area del Missisipi, dove è nato anche il poker. Altri ancora, però, fanno notare la somiglianza della parola poker con la parola tedesca “poken” (bluffare).
C’è inoltre chi ritiene che il poker sia nato dal gioco persiano dell’As Nas. Tra l’altro, anche il gioco inglese del brag (che tra l’altro significa vantarsi), discendente a sua volta dal brelan, prevedeva sempre l’elemento del bluff. Prima della diffusione del poker, negli Stati Uniti era popolare il gioco del Faraone per la sua rapidità d’azione, le regole semplici e il fatto di fornire migliori opportunità degli altri giochi d’azzardo.
Tuttavia, ciò che differenzia il poker dalle altri giochi di carte da cui ha avuto origine è la possibilità di scommettere.
I primi scritti sul poker
Il primo documento scritto sul poker risale al 1829 a opera dell’avventuriero inglese George Cowell: a lui un’azienda italiana ha dedicato anche una linea di cosmetici con l’intento di “consacrare un personaggio emblematico rimasto fino a oggi sconosciuto”.
L’attore inglese Joseph Crowell, invece, riporta che nel 1829 il poker veniva giocato a New Orleans con un mazzo da 20 carte e quattro giocatori scommettevano sulla mano di maggior valore.
Pur essendo semisconosciuto anche tra gli addetti ai lavori, Henry George Bohn è autore di una delle prime testimonianze scritte sul poker con il suo “Bohn’s First Hand-Book of Games”, dedicato a “dilettanti e professori”, pubblicato nel 1850. Editore e collezionista di libri e antichità, Bohn si è distinto anche nel campo della botanica come coltivatore di rose.
Tra i giochi citati nel manuale di Bohn compare anche il poker. All’epoca il poker veniva praticato già da tempo a bordo dei battelli che solcavano il Mississippi in gruppi di quattro giocatori e con mazzi da venti carte, anche se non esistevano ancora versioni codificate di questo gioco.
La versione citata nel libro di Bohn, tuttavia, è quella “draw”, che appare un po’ più semplice rispetto al poker moderno, perché prevedeva un numero minore di combinazioni vincenti (coppia, doppia coppia, tris, colore, full e poker), pur essendo sempre presente l’elemento del bluff.
Il giocatore poteva pescare e cambiare fino a un massimo di cinque carte. Solo prima di cambiare le carte era possibile rilanciare dell’importo desiderato. Come nel poker moderno, si utilizzava un mazzo da 52 carte e attorno al tavolo potevano sedere fino a un massimo di dieci concorrenti (full table).
Coloro che desideravano giocare la mano, venivano invitati a mettere sul piatto lo stesso importo degli altri.
Giocatore di successo si pente da vecchio
Nel 1843 Jonathan Harrington Green, giocatore pentito, pubblica “An Exposure of the Arts and Miseries of Gambling” nel quale parla della diffusione del poker grazie ai battelli del Missisipi, dove i giochi di scommesse erano un comune passatempo.
Negli anni giovanili Green era conosciuto come uno dei più abili giocatori di carte degli Stati Uniti con il soprannome di “Captain Green”: in una sola notte intorno al 1830 all’Old Chestnut Street Arcade riuscì a vincere 23mila dollari.
Dopo il suo ritiro dal mondo del gambling, avvenuto nel 1842, divenne un fervido sostenitore della lotta contro il gioco d’azzardo e grazie a lui furono promulgate leggi che regolamentavano la materia in diversi Stati.
Fu anche un prolifico scrittore dando alle stampe numerosi saggi e libri di memorie come “Twelve Days in the Tombs”, “The Gambler’s life”, “The reformed gambler” e “Green on gambling”.
E’ stato anche agente generale della New York Association for the Suppression of Gambling e agente segreto per gli Stati Uniti. Come inventore dilettante, infine, depositò una ventina di brevetti. Trascorse la vecchiaia in stato di indigenza, tant’è che si rese necessaria una colletta pubblica per finanziare il funerale della moglie, morta tre anni prima di lui.