Il 15 aprile 2011 è diventato uno di quei momenti, nella storia del poker, dove ci si chiederà per sempre cosa stavamo facendo quando è successo.
Sembrava un giorno come tanti altri, e invece i giocatori si sono svegliati con il Dipartimento di Giustizia che aveva sequestrato i tre siti più dominanti del panorama americano: PokerStars, Full Tilt Poker e Absolute/UB.
Mentre i giocatori cercavano informazioni, si scatenava il panico.
Poco dopo venne rilasciato un comunicato nel quale veniva spiegato come 11 imputati fossero stati accusati di frode bancaria e riciclaggio di denaro, inclusi Isai Scheinberg di PokerStars, Ray Bitar di Full Tilt Poker e Scott Tom di Absolute Poker:
"Gli imputati sono accusati di aver architettato un elaborato schema di frode, ingannando alcune banche degli Stati Uniti, e coinvolgendone attivamente altre, per assicurare il continuo flusso di miliardi derivati dai profitti legati al gambling illegale", dichiarò il procuratore Preet Bharara.
"Inoltre, secondo l'accusa, nel loro assiduo tentativo di aggirare le leggi sul gioco d'azzardo, gli imputati si sono anche macchiati dei reati di riciclaggio di ingenti quantità di denaro, e di frode bancaria.
"Le aziende straniere che decidono di operare negli Stati Uniti non possono ignorare le leggi, solo perché non sono di loro gradimento e perché non vogliono privarsi dei loro profitti".
Improvvisamente, PokerStars, Full Tilt Poker e Absolute/UB vennero escluse dall'enorme mercato americano del poker online.
Si passa al .eu, pronto l'accordo con il Dipartimento di Giustizia
Le poker room risposero immediatamente passando al dominio .eu, e continuando a raccogliere giocatori provenienti dal resto del mondo.
Inoltre, tutte e tre le room resero pubblico un comunicato che diceva essenzialmente la stessa cosa: ci dispiace per l'inconveniente, ma è tutto a posto e i giocatori americani riceveranno a breve tutti i loro soldi.
A rileggere oggi una parte del comunicato di Full Tilt, viene da sorridere:
"Alla luce dei recenti eventi riguardo il blocco di alcuni account, Full Tilt Poker assicura tutti i giocatori che i loro fondi rimangono al sicuro. Le richieste di deposito e prelievo sono tutt'ora processate normalmente, e rimangono a disposizione di tutti i giocatori".
Peccato fosse una bugia colossale.
PokerStars sì, FTP e AP/UB invece…
PokerStars riuscì velocemente a stringere un accordo con il Dipartimento di Giustizia, in modo da recuperare il dominio .com e iniziare a restituire ai giocatori americani i loro soldi. Grazie alla massiccia presenza della picca rossa in Europa come ad esempio PokerStars Italia, l'azienda ha continuato anche a generare profitti.
Full Tilt e UB/Absolute Poker, invece, non si sono dimostrati così celeri nel restituire i soldi dei giocatori, nonostante avessero stretto col Dipartimento di Giustizia accordi simili a quello di PokerStars.
Più tardi si scoprì che una serie di depositi fantasma, uniti al sequestro del denaro, avevano lasciato FTP in braghe di tela. Quel che è peggio, è che agli azionisti continuarono ad essere distribuite ingenti somme di denaro, anche se in cassa non entrava più nemmeno un centesimo. Infine, il sito continuava ad accettare i depositi di tutti i giocatori del mondo, nonostante FTP sapesse in quale circolo vizioso senza uscita si era cacciata.
Nello stesso periodo, la compagnia proprietaria di AP/UB, Blanca Games, si vide presentare istanza di bancarotta. Blanca Games diffuse un comunicato nel quale, invece, si parlava di compensazione e di una ri-assunzione del 20% del personale da sistemare in posizioni chiave.
AP/UB deve ancora restituire i soldi ai giocatori americani: negli ultimi nove mesi non ha rilasciato altre comunicazioni a riguardo.
Il disastro di Full Tilt e la causa di Phil Ivey
Full Tilt ha ricevuto pesanti critiche per non aver aperto bocca dopo il Black Friday, senza aggiornare i suoi clienti.
Le cose si misero pure peggio durante il primo giorno delle WSOP 2011, quando Phil Ivey lanciò una vera e propria bomba, sconvolgendo il mondo del poker: il giocatore di punta della poker room non avrebbe partecipato alle WSOP per solidarietà coi giocatori di FTP, che si erano ritrovati i soldi bloccati sul sito e che per questo motivo, magari, non potevano iscriversi agli eventi.
Ivey non si fermò a questo: dichiarò anche di aver fatto causa al suo ex sponsor.
Tiltware rispose con un breve comunicato, definendo "futili" le accuse di Ivey e definendolo un perfetto egoista.
Alla fine Ivey decise di ritirare la causa contro FTP, ma rimase fedele alla parola data e boicottò tutte le WSOP 2011.
Nel settembre 2011, la Alderney Gambling Commission revocò la licenza di Full Tilt, dopo un conciliabolo durato sei giorni. Da quel momento, nessun giocatore ha più avuto accesso al sito.
Alla fine del 2011, il Dipartimento di Giustizia aggiunse alla lista degli obiettivi Howard Lederer, Rafe Furst e Chris Ferguson, etichettando erroneamente l'intera operazione come uno "schema Ponzi".
Il futuro
Un anno dopo gli eventi del Black Friday, possiamo dire che per certi versi il poker online, nel mondo, vive in uno stato di limbo.
I giocatori di Full Tilt non hanno ancora visto i loro soldi, nonostante ormai il Gruppo Bernard Tapie sia pronto a rilevare la società e a riaprire i battenti.
Praticamente in tutti i paesi si parla ancora di questioni di legalità e regime fiscale, con conseguenze in tutto il mondo.
In Francia e in Italia, il gioco è permesso soltanto agli operatori che hanno acquistato una licenza nazionale, e sotto determinati limiti. I giocatori, infine, sono costretti a giocare solo tra connazionali.
In Germania, Danimarca, Spagna, Olanda e Scandinavia, seppure a vari livelli, la battaglia per la legalizzazione del poker online è ancora in corso.
Il Regno Unito continua ad esser il paese all'avanguardia nella legalizzazione del poker online, e sta incoraggiando i siti di poker a fissare i rispettivi quartieri generali tra i propri confini.
In Australia e in Canada hanno semplicemente scelto di ignorare il problema: i giocatori possono giocare dove gli pare.
Anche se è ancora possibile loggarsi e giocare praticamente da tutto il mondo, il mercato più grosso, quello americano, rimane virtualmente off limits.
Nonostante qualche skin poco nota del network Merge accetti ancora giocatori americani, per le poker room online gli USA sono terreno proibito.
Da tempo si parla della possibilità che gli Stati Uniti legalizzino e regolamentino il poker online, ma quando siamo ormai a metà aprile 2012 i giocatori americani sono ancora a bocca asciutta.