Tutti conoscono il film, qualcuno lo spettacolo. Ma pochi sanno che dietro a “Un tram chiamato desiderio” c’è anche il quadro “Poker night (from a streetcar named desire)”, realizzato da Thomas Hart Benton nel ’48.
Il lavoro teatrale è stato messo in scena per la prima volta a Broadway nel ’47: poco dopo il produttore David O. Selznick ha commissionato il dipinto a Benton come dono per la moglie Irene, che aveva prodotto lo spettacolo. Come tutti i dipinti di Benton, “Poker night” si contraddistingue per la sua linea sinuosa. Il lavoro “Un tram che si chiama desiderio”, sia nella prima versione teatrale che in quella cinematografica risalente al ‘51, era diretto da Elia Kazan. Il dramma teatrale valse all’autore Tennessee Williams l’assegnazione di uno dei suoi due premi Pulitzer per il teatro.
Il quadro
Il quadro di Thomas Hart Benton raffigura la scena nella quale Blanche, tenendo uno specchio, schernisce Stanley ubriaco e irritato dalle sue arie da nobildonna. Quasi tutto il cast, compreso Marlon Brando nella parte di Stanley, è stato riconfermato da Kazan per la trasposizione cinematografica dell’opera, a eccezione di Jessica Tandy (Blanche DuBoise), che nel film è stata sostituita da Vivien Leigh.
Un ritratto troppo sexy
Nel quadro, esposto al Whitney museum di New York, si riconoscono gli attori, compresi Brando e la Tandy. Proprio quest’ultima ha mostrato di non gradire il modo in cui Benton l’aveva ritratta, con quella sottile vestaglia che ne lasciava intravedere le forme.
Un dettaglio che tra l’altro pare giunga da una libera interpretazione dell’artista del Missouri: nelle foto scattate durante la rappresentazione teatrale l’attrice compare con un vestito più casto, con balze e frange, e i tipici cappelli delle donne del sud degli Stati Uniti.
Niente donne quando si gioca
Ma torniamo al quadro e al film. Stanley sta giocando a poker in casa in compagnia di altri tre amici. La moglie e la cognata sono rientrate prima del previsto. L’uomo, tra l’altro ubriaco, è reso ancor più nervoso dal fatto che sta perdendo.
A poca distanza, dietro una tenda in camera da letto, la radio trasmette un waltzer: Stanley, infastidito, l’aveva già fatta spegnere. Dopo averla riaccesa, Blanche danza beandosi al suono della musica. Thomas Benton ritrae il marito di Stella già in procinto di alzarsi.
Nel film, di lì a poco Stanley-Marlon Brando scaglierà dalla finestra l’apparecchio che lo infastidisce, colpendo quindi la moglie che gli urla contro. I compagni di gioco tentano di calmarlo mettendolo sotto una doccia gelata. “Il poker non dovrebbe essere giocato in una casa in presenza di donne” commenta Mitch, il corteggiatore di Blanche.
L’ispirazione in azienda
Il drammaturgo Williams aveva un rapporto conflittuale con il padre, appassionato pokerista che alzava spesso il gomito. Grazie al genitore, lo scrittore statunitense lavorò per tre anni alla International Shoe Company: lì conobbe il collega Stanley Kowalski, al quale si ispirò per l’omonimo personaggio di “Un tram chiamato desiderio”.
Poker e pistole
Un altro dipinto di Benton che ritrae giocatori di poker è “Arts of the West”: l’opera fa parte di un ciclo di grandi murali inizialmente destinati al Whitney museum. Come d’abitudine nei murali, anche in quest’opera Benton rappresenta più scene di vita nello stesso dipinto. In questo caso il comune denominatore è il West: oltre ai giocatori di carte in primo piano, troviamo un uomo che prega, danzatori accompagnati dalla musica, sparatorie e rodei.
Regionalisti per la tradizione
L’opera di Thomas Hart Benton (1889-1975) viene ricondotta al gruppo dei Regionalisti americani, i quali propongono un stile figurativo in contrapposizione alle avanguardie europee. Per la produzione artistica di Benton si rivelerà fruttuoso l’incontro con il pittore messicano Diego Rivera, celebre per le sue pitture murali, al quale Benton si ispirerà quando realizzerà i suoi murali sulla vita americana.
Benton ebbe tra i suoi allievi anche Jackson Pollock, noto esponente dell’espressionismo astratto.
Cani al tavolo verde
Il gioco del poker non è solo appannaggio della specie umana, come testimoniail ciclo di quadridi Cassius Marcellus Coolidge dei cani che giocano a poker: i nove dipinti, citati in numerosi telefilm, cartoni animati e persino canzoni, erano stati commissionati al pittore americano dall’agenzia pubblicitaria Brown & Bigelow.
I bari di Caravaggio
Da Caravaggio fino ai giorni nostri, artisti di diverse epoche sono rimasti suggestionati dal gioco delle carte.Tornando indietro di circa tre secoli, la celebre tela “I bari” di Michelangelo Merisi detto Il Caravaggio (1571-1610) rappresenta due giovani che giocano allo zarro, un gioco di carte molto diffuso nell’Italia rinascimentale. Il quadro, realizzato nel 1594 e ora esposto al Kimbell Art Museum di Fort Worth (Texas), fu commissionato a Caravaggio dal cardinale Francesco Maria Del Monte. Proprio durante la permanenza da Del Monte, crebbe la popolarità dell’artista presso la nobiltà romana.
Lo zarro dipinto
Lo zarro viene considerato da molti come l’antenato del poker: anche in questo gioco veniva attribuito un punteggio a coppia, tris e colore. Il mazzo era di venti carte, cinque delle quali erano a disposizione di ogni giocatore. Ritenuto “socialmente pericoloso”, lo zarro a Milano fu proibito con un editto nel 1531 da Francesco Sforza, che non riuscì però a impedirne la diffusione.
L’opera
I “bari” che danno il nome al quadro sono il giovane ritratto di spalle e il suo complice più anziano: quest’ultimo sbircia le carte della vittima e mostra un tre con la mano, forse a indicare che possiede un tris. I giocatori stanno utilizzando un mazzo di carte liguri di seme francese. Sul tavolo si trova un quattro di quadri, che è stato giocato dal baro.
Il giovane disonesto tiene dietro la schiena un 7 di cuori e un 6 di fiori: grazie alla segnalazione del compare, può sostituire il 6 di fiori con una delle sue carte. Il suo avversario ha un tris e lui potrà vincere con il colore (fiori).
Il teatro sulla tela
Anche in quest’opera è come se Caravaggio mettesse in scena una rappresentazione teatrale: nello specifico il tema e i soggetti ritratti, soprattutto per quanto riguarda l’uomo che osserva la partita, ricordano una scena da commedia dell’arte, una forma di rappresentazione diffusasi nel Cinque-Seicento che si basava molto sull’improvvisazione. Un elemento comico è rappresentato dai guanti bucati del suggeritore: il più visibile è quello della mano destra che gesticola.
Un quadro in 3D
Il pugnale alla cintola del giocatore truffaldino, così come la tavola da backgammon alla sua sinistra conferiscono al dipinto un effetto di tridimensionalità. I vestiti indossati dai due malviventi hanno colori sgargianti, mentre quelli del primo giovane a sinistra sono scuri con decorazioni nere. Le differenze nel modo di vestire rivelano una differenza di censo tra i personaggi.
Allo stesso modo i bari si contrappongono al ragazzo onesto nei movimenti: tanto questi esprimono tensione e dinamismo anche attraverso gli sguardi, quanto “il pollo” appare riflessivo e rilassato nel suo modo di sedere e di guardare le carte. Probabilmente è il turno della vittima, visto che è così concentrata.
Lo stile di Caravaggiò influenzò moltissimi giovani pittori europei, come il francese Valentin de Boulogne. Altro artista ad aver più volte rappresentato il gioco delle carte e dei dadi nei suoi lavori, come in "Soldati che giocano a carte" (nell'immagine qui sopra).
Insigne scienziato con il pallino dell’arte
Il tema del gioco delle carte nelle opere d’arte è stato affrontato anche da Joseph Leonard Goldstein, biochimico e genetista e premio Nobel per la Medicina, in un articolo pubblicato circa tre anni fa sulla rivista Nature intitolato “I giocatori di carte di Caravaggio, Cezanne e Mark Twain: suggerimenti per avere fortuna quando la posta in gioco è alta”.
Carte, quadri e provette
Oltre ad analizzare le analogie tra gioco del poker e ricerca scientifica, Goldwin prende in esame alcune opere tra le quali appunto “I bari” di Caravaggio, “Il baro con l’asso di quadri” di Georges de La Tour e i “Giocatori di carte” di Cezanne. Nel suo articolo Goldwin riporta che nel tardo 1300, quando il gioco delle carte era diventato una forma popolare di intrattenimento in Italia e in Francia, trucchi e imbrogli avevano preso il sopravvento sull’abilità: questo stato di cose emerge anche dal dipinto di Caravaggio preso in esame.
Un modello per secoli
Tanti insigni pittori, spiega sempre il premio Nobel americano, si ispirarono a “I bari” di Caravaggio nei successivi trecento anni. Nel 2006 il collezionista 96enne sir Denis Mahon comprò per 50mila sterline una copia de “I bari” durante un’asta di Sotheby a Londra: un anno dopo si scoprì essere un Caravaggio autografo, realizzato prima della tela esposta nel museo americano (l’attribuzione, così come la datazione del dipinto, rimangono tuttavia incerte).
Il quadro, che riprende la scena da una prospettiva leggermente diversa, è stato poi concesso in deposito permanente all’Ashmolean Museum di Oxford.
I tre vizi nel Seicento
Lo stesso tema del dipinto di Caravaggio viene ripreso ne “Il baro con l’asso di quadri” da Georges de La Tour (1593-1652), realizzato nel 1635, che rappresenta le tentazioni offerte da donne, vino e gioco. Anche in questo caso la costruzione degli sguardi riveste grande importanza: l’occhiata obliqua lanciata dalla cortigiana alla serva che sta per versarle il vino, quella del baro con le carte dietro la schiena e quella del giovane a destra, probabilmente ignaro di ciò che sta accadendo.
Non è escluso, tra l’altro, che lo sguardo insistente della cortigiana sia indirizzato al baro anziché alla servetta. In un’altra versione dell’opera, de La Tour dipinge dietro la schiena del furfante un asso di fiori anziché di quadri.
Giocatori milionari
Nel 2012 la rivista Vanity Fair ha rivelato che i celebri Giocatori di carte di Paul Cezanne erano stati acquistati qualche tempo prima dalla famiglia reale del Qatar per 250 milioni di dollari. Riuscendo a superare le offerte dei mercanti d’arte Larry Gagosian e William Acquavella, i reali arabi sono riusciti ad aggiudicarsi l’opera, che in questo modo è diventata il quadro più costoso della storia dell’arte.
Il quadro del pittore postimpressionista ha superato così il record detenuto da “Numero 5” di Jackson Pollock, venduto nel 2006 per 140 milioni di dollari. Il dipinto di Cezanne fa parte di un ciclo di cinque opere realizzate tra il 1890 e il 1895, nelle quali vengono ritratti contadini provenzali dediti al gioco delle carte. Probabilmente si tratta di lavoratori che prestavano servizio presso la tenuta della famiglia di Cezanne, fuori Aix-en-Provence. L’uomo a sinistra con la pipa è il bracciante agricolo Pere Alexandre, mentre l’altro è il giardiniere Paulin Paulet.
Niente trucchi, solo abilità
Come fa presente ancora una volta Goldwin, i giocatori sono così assorbiti dal gioco che preferiscono fissare le carte piuttosto che guardarsi a vicenda. L’opera è stata definita dal critico d’arte Meyer Shapiro “Un solitario collettivo”. “Il contrasto tra ‘I bari’ di Caravaggio e ‘I giocatori di carte’ di Cezanne è impressionante – scrive Goldwin -.
In Cézanne, a differenza che in Caravaggio, non vi sono sotterfugi e imbrogli, soldi sul tavolo, melodramma e vestiti stravaganti. Cezanne ci sta dicendo che giocare a carte non è una cosa da ridere. La chiave di un gioco vincente è la concentrazione. La fortuna non serve quando mancano le fonti di distrazione e i sotterfugi presenti invece in Caravaggio. Tra la fortuna e l’abilità, Caravaggio propende per la fortuna, mentre Cezanne per l’abilità”. Nella tela esposta alla Barnes Foundation di Merion (Pennsylvanya) vengono raffigurate cinque persone, tra cui una bambina: quest’ultima pare sia Lèontine, la figlia di Paulet.
Quadro venduto sul letto di morte
Oltre a quella passata nelle mani della famiglia reale del Qatar, le altre opere della serie si trovano rispettivamente a Londra (Courtauld Institute of Art), New York (Metropolitan Museum) e al Musèe d’Orsay di Parigi. Prima di essere venduto ai regnanti, “I giocatori di carte” apparteneva all’armatore greco George Embiricos, il quale ha sempre rifiutato di separarsene, cambiando idea solo poco prima di morire.
Carte cubiste
La pittura di Paul Cezanne (1839-1906) anticipa per certi versi il successivo cubismo per quanto riguarda la rappresentazione della realtà e la semplificazione delle forme. Il cubismo ebbe tra i suoi maggiori esponenti Pablo Picasso.
L’opera del pittore spagnolo “Giocatore di carte” (1913), in particolare, è riconducibile al cubismo sintetico e propone una rappresentazione personale della realtà: tra i segni caratteristici troviamo alcune carte da gioco e motivi astratti che probabilmente riproducono modanature e decorazioni lignee di un ipotetico locale.
La particolare predilezione da parte dei cubisti sintetici per lettere e numeri, e quindi anche per le carte da gioco, è riscontrabile anche in “Natura morta con carte da gioco” (1913) di Georges Braque, amico e collega di Picasso.
L’opera “I giocatori di carte” di Gino Severini (1924), è invece riconducibile a quel movimento definito come “Ritorno all’ordine”, che proponeva il ritorno a un’arte figurativa più tradizionale. In questo quadro troviamo raffigurati tra i giocatori due personaggi della Commedia dell’arte, che sono un motivo ricorrente nelle opere del Ritorno all’ordine.
Casorati e Botero
Echi della pittura di Picasso si possono ritrovare invece nelle “Donne chine sulle carte da gioco”, dipinte nel 1954 da Felice Casorati.
Ci sono molti altri noti artisti ad aver omaggiato i tavoli verdi in più di un dipinto. Chiudiamo questa rassegna di opere con uno scultore e pittore colombiano dallo stile inconfondibile: Fernando Botero Angulo, che ritrae nei suoi “giocatori di carte” anche una donna senza veli.
Meraviglioso questo racconto!
Grazie mille Enrica!
Grazie Enrica! Siamo lieti ti sia piaciuto.
Bellissimo questo articolo! un’altra prospettiva sul mondo del poker. Complimenti!