Entro l’anno dovrebbe partire la tanto attesa liquidità condivisa europea nel poker online, tra aspetti positivi e qualche possibile risvolto negativo.
Nonostante negli ultimi mesi sia calato un po’ di silenzio, il progetto dell’apertura di una liquidità condivisa a livello europeo nel poker online dovrebbe vedere la luce entro la fine del 2017.
Italia, Spagna, Francia, Portogallo e presumibilmente anche Regno Unito dovrebbero finalmente aprire le porte a ciascuno degli altri Paesi coinvolti nel progetto, di cui ormai si parla da diversi anni.
Senza ombra di dubbio sono tanti gli aspetti positivi di un’apertura del genere, per un mercato che a livello nazionale si sta dimostrando asfittico un po’ ovunque. Ma come sempre, qualche svantaggio potrebbe esserci. Cerchiamo di capirne di più analizzando i vari mercati e tutti i pro e i contro.
Liquidità condivisa già approvata in Portogallo
La notizia è una di quelle che si poteva prevedere, anche se forse non con questa celerità. La liquidità condivisa, forse l’argomento più dibattuto in Europa sul fronte del poker, inizia a sbloccarsi in maniera concreta.
Infatti è stato approvato il piano presentato dal governo del Portogallo per avviare la pratica per quanto concerne il poker online nella nazione lusitana.
Dopo una lunga attesa, infatti, la Commissione al Bilancio dell’Unione Europea ha consentito al Servizio di Regolazione e Ispezione del Gioco portoghese (SRIJ) di avviare i negoziati con altre nazioni facenti parte dell’Unione stessa.
Tutto ha avuto inizio poco più di un anno fa, esattamente nel mese di dicembre del 2015. Fu quello il periodo in cui il Governo portoghese ha iniziato a porre le basi per quella che sarebbe diventata con il tempo una soluzione inevitabile per il bene del gioco in Europa. Una novità incoraggiante, se consideriamo che quello portoghese è stato l’ultimo mercato europeo ad ottenere le licenze per il poker online, ma è invece il primo a veder sbloccare ufficialmente il piano per la liquidità condivisa.
E chissà se a questo punto anche gli altri Paesi coinvolti, Italia in primis non vedranno una netta accelerata sui propri iter per allargare il proprio mercato.
Il via della Spagna
Ad Agosto la nota diffusa dalla DGOJ, la Direccion General de Ordinacion del Juego, la quale ha seguito lo stesso iter perfezionato nella seconda metà di luglio dai colleghi transalpini.
I vertici della DGOJ, con il comunicato di cui sopra, ha fornito in via ufficiale le indicazioni che gli operatori nel settore del poker e del gaming online dovranno seguire per l’accesso alla liquidità internazionale condivisa.
Detta in parole più che povere, le poker room e le agenzie di gaming che hanno regolare licenza in Spagna potranno avviare l’iter per allargare gli orizzonti di gioco per i propri iscritti anche oltre i confini nazionali.
La situazione dell’Italia
Come detto, passiamo ora all’Italia che dovrà attendere ancora alcune lungaggini burocratiche prima di prendere posizione in maniera definitiva.
Che il nostro Paese rientrerà tra quelli che apriranno alla liquidità internazionale condivisa, non vi è dubbio alcuno. Tuttavia, il problema consiste – come spesso accade – nella tempistica.
Stando a quanto è venuto fuori la Sogei (società che si sta occupando della situazione delle singole poker room) sta lavorando in maniera fitta per regolarizzare il tutto sotto l'aspetto burocratico.
Nel frattempo, le disposizioni che Adm dovrà fornire proprio alle room e alle piattaforme di gaming sono ormai prossime ad essere definite e redatte, ma non verranno rese note e ufficializzate prima dell'inizio del mese di settembre.
Il passo fondamentale che il Governo italiano vuole compiere prima di dare il via all'ultimo step per la liquidità condivisa è, dunque, quello di garantire la sicurezza delle stesse poker room grazie alla norma relativa all’antiriciclaggio, che inevitabilmente lascerà un segno importante nel gaming, sia per il poker che per le scommesse da piazzare sul web.
Il decreto in questione, il numero 90 di una normativa comunitaria, la 849 del 2015, riguarderà in particolare il controllo sull’autenticità dei dati contenuti nei documenti che ogni soggetto presenta per l’apertura di un conto gioco.
Sarà consentita alle piattaforme e agli operatori anche “la consultazione del sistema pubblico per la prevenzione del furto d’identità”, come si legge nella nota diffusa dall’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli in cui si annuncia l’approvazione del decreto.
Vita dura, dunque, per chi cerca di frodare i siti di gaming online. In particolare, nel mirino finiranno anche i cosiddetti multi-accounter, ovvero soggetti che aprono più conti attribuiti a più persone, ma che vengono gestiti da un singolo soggetto.
Grande attenzione, infine, verrà rivolta nei confronti di chi fa pratiche di chip dumping e a chi gestisce reti di poker bot.
Liquidità condivisa nel poker online: i pro
Partiamo da un dato di fatto oggettivo: aprire i confini dei mercati nazionali significa maggiore traffico e conseguentemente tavoli cash pieni quasi ad ogni ora e tornei multitavolo con montepremi garantiti maggiorati.
Un boost, questo, che fa gola tanto ai grinder – che col poker online ci vivono (o quantomeno ci provano) – quanto ai cosiddetti recreational player, ai quali di concetti quali bankroll management, varianza e valore atteso non importa praticamente nulla.
Viene inoltre da pensare che le poker room sarebbero più che propense a lanciare campagne di marketing dedicate, con bonus più allettanti del solito, per cercare di sfruttare appieno l’effetto di un cambiamento che avrebbe dell’epocale.
Da non sottovalutare il fatto che confrontarsi con giocatori provenienti da altri paesi significa crescere come poker player. Un effetto che nel medio-lungo periodo si farebbe sentire anche nel poker live, dove i giocatori arriverebbero molto più preparati ad affrontare tipologie di giocatori differenti.
Liquidità condivisa nel poker online: i contro
Una bella gatta da pelare affinché la liquidità condivisa nel poker online funzioni davvero è il regime fiscale. Paese che vai, infatti, tasse che trovi. Ci sono sistemi, come quello francese, in cui le poker room sono addirittura tartassate ed è difficile pensare che un governo possa uniformare il proprio regime fiscale a quello di un paese dove la pressione tributaria è più bassa.
Per uniformare tre paesi con altrettante leggi diverse, soprattutto in materia fiscale, ci sarà tanto lavoro da fare. Anche perché le differenze in materia di tasse tra Francia, Spagna e Italia sono davvero notevoli.
Per fare un esempio, in Italia viene applicata una tassa del 20% sul rake lordo - parliamo di cash game. In Spagna, invece, questa tassa è più alta, anche se di un 5%. Fin qui, insomma, le parti potrebbero anche accordarsi per trovarsi a metà strada.
Il problema è invece proprio la Francia. Il mercato del poker online transalpino prevede un alquota del 2% che si calcola non sulla rake, ma su ogni piatto giocato. Questo significa, calcoli alla mano, un rake lorda di circa il 60%.
Una differenza di circa 40 punti percentuale tra il sistema francese e quello italiano sarebbe davvero insostenibile. Chissà se, come e quando le divergenze in materia fiscale potranno essere appianate…
Tra gli altri punti negativi addirittura c’è chi crede che la liquidità condivisa non porterà ad un aumento dei giocatori e che sia qualcosa della quale beneficeranno soltanto alcuni operatori.
E non stiamo parlando del primo che passa, ma di Carlos Hernandez, ex presidente del DGOJ spagnolo – l’equivalente della nostra ex ADM.
Secondo Hernandez, infatti, “il trend negativo del poker online europeo non si arresterà”, anche aprendo le porte ai mercati.
Hernandez, inoltre, ritiene che la presenza massiccia di professional poker player – ampliata dall’apertura dei confini nazionali – finirà per allontanare ancor di più i giocatori amatoriali, cosa che contrasta con la tendenza delle poker room a proporre il Texas Hold’em non più come una possibile carriera, ma come un semplice svago.
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